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Oggi festa d'Europa: che cosa dobbiamo festeggiare?









9 Maggio 1950. Riflessioni sulla storia, o semplice pretesto di propaganda politica? 

Europa si europa no. No, non vi parlerò di questo. Ormai la questione è stata esasperata a tal punto che comincia quasi ad annoiare, come un tormentone estivo ai primi di settembre. Nonostante gli accesissimi dibattiti, spesso, troppo spesso la storia viene ignorata, ed eventi come il 9 maggio finiscono per essere relegati nello sgabuzzino delle festività senza nome, quelle mai nate, di cui nessuno conosce l’esistenza. Detesto sentirmi obbligato a festeggiare qualcosa che non è stato impresso nel mio intimo attraverso la tradizione, ma quest’oggi, sessantaquattro anni fa, la vita dell’Europa è cambiata per sempre, e con essa, la mia. 

E’ infatti il 9 maggio del 1950 che si è ufficializzata la Dichiarazione Schumann, che oltre ad essere il primo passo verso un’integrazione europea, fu il primo atto esplicito contro l’antagonismo nazionalista tra gli stati europei del Vecchio Continente. Mettendo in comune le risorse minerarie dell’Aslazia e della Lorena e andando così a creare la CECA, la comunità economica dell’acciaio e del carbone, non è stato celebrato un matrimonio forzato, ma si sono divisi dei litiganti a cui si è donato un disegno di pace che durasse nel tempo. Già, pace: una parola che oggi ci suona così scontata, ma che non lo è per niente. Senza il coraggio di uomini del calibro di Robert Schumann per esempio, la Seconda Guerra Mondiale si sarebbe conclusa con un semplice trattato di pace, uno dei tanti che da sempre, nella storia d’Europa, non sono altro che la tacita promessa di una guerra futura. 

E con quale diritto un uomo politico, al termine della più grande carneficina della storia, si sarebbe rifiutato di promettere ai propri cittadini e all’umanità intera, un futuro senza più conflitti? Con quale diritto Francia, Germania, Italia avrebbero continuato a schiacciare i frutti della propria gioventù? La lezione che quel giorno ci è stata impartita, è che al centro di tutto deve esserci l’uomo, l’uomo come abitante del mondo, l’uomo che non si piega sotto il fardello dell’odio nazionalista, l’uomo che conferisce importanza all’individuo prima ancora che alla nazione: in poche parole, l’uomo che rivendica la superiorità della vita contro la morte. 

Per cui oggi non festeggerò l’Europa colmo di soddisfazione per il presente, né sventolerò orgogliosamente la bandiera europea. Oggi, nel profondo del mio intimo, assaporerò questa lezione di vita e predicherò la pace universale, l’unico e vero grande obiettivo dell’umanità a cui quell’Europa del 1950 si è avvicniata parecchio. E come se in balia di un mare tempestoso e di onde minacciose,  improvvisamente ci si parasse davanti un asse di legno al quale potersi aggrappare. Questa è l’Europa. E magari è vero che intorno a noi persevera la tempesta, ed è vero che siamo stanchi, bagnati fradici e incerti sul nostro futuro. Ma siamo salvi, ricordiamocelo.

Yannick Deza GDTO

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