Coordinate: piazza
Castello, angolo via Roma, davanti al negozio della Tre. Sono le due
del pomeriggio e un gruppo di giovani ragazzi armeggia con tavolini
pieghevoli, bandiere, cartelloni, volantini.
Mi unisco a loro. Il
cielo sembra riflettere l’umore delle centinaia di persone che
accalcano il centro per la ricorrente immersione domenicale, tra le
vie e i negozi intinti in una precoce atmosfera natalizia. Pennarelli
in mano, volantini sottobraccio, postit verdi e rosa che attendono di
essere riempiti con i pareri della gente che passa.
Che cos’è per
lei la violenza? No grazie. Come se la violenza dovessimo commetterla
più che denunciarla. Qualcuno si ferma: non mi illudo, appena scatta
il verde ecco che riparte la locomotiva umana. Dopo un inizio un po’
fiacco non ci diamo per vinti, ingraniamo la quarta e ci facciamo
valere. Servizi utili contro la violenza sulle donne! Uno sguardo che
interroga, una rapida occhiata all’opuscolo e zac, preso.
Si
comincia. C’è chi si ferma a leggerlo davanti a noi e sembra
invitarci ad avvicinarlo: ne approfittiamo per porgli la domanda. Un
reato, dicono in molti. L’assenza di dialogo, altri. E’ la morte
della civiltà, la mancanza di sensibilità.
Annotiamo tutto sui
post-it colorati e li appendiamo al cartellone intitolato “Violenza
è…”, che piano piano comincia a riempirsi. Intanto, sempre più
passanti vengono attratti dalle frasi impresse sui foglietti
colorati, e con sempre crescente abilità riusciamo a tirarne fuori
le impressioni: un orrore, è la sottomissione, un atto di bullismo
che non sempre si vede. C’è chi arriva a dire che è un volersi
bene a modo proprio. Non mascheriamo lo stupore, ma con serio
atteggiamento scientifico annotiamo tutto.
Vuole appenderlo lei?
Molti rispondono di si. Provano soddisfazione a compiere il gesto
fisico che aggiunge un tassello a quel puzzle variopinto di idee, a
quel vasto e curioso brain storming. Dopotutto, è per una buona
causa. Molti ci fanno i complimenti, una grandissima soddisfazione.
Verso le quattro abbiamo già finito gli opuscoli informativi.
A
qualcuno di noi riescono delle combo da sei o sette ragazzi, sei o
sette foglietti che andranno ad occupare il secondo cartellone, che
si aggiunge al primo ormai saturo. Sono pochi i giovani che decidono
di fermarsi: nessuno tra i giovani maschi. Punto a un gruppetto
formato da un ragazzo e due ragazze. Prima ancora che abbia terminato
la parola “violenza”, il ragazzo mi ha già risposto con un secco
“no grazie”. Per fortuna riesco a catturare l’attenzione della
seconda ragazza, che fermandosi, mi dà il tempo di finire il
discorso. “Ciao. Oggi è la giornata mondiale contro la violenza
sulle donne. Vuoi contribuire con un tuo parere sulla violenza di
genere?”.
Riflette per un attimo, prende postit e pennarello e
scrive la sua. L’amica la imita. Il tempo di riflessione di alcuni
supera il minuto, ma anche a questo bisogna adattarsi. Uomini ti
guardano ed esclamano “ma guarda che non la picchio”, mentre
donne scuotono leggermente il capo come ad indicare che il problema
non le riguarda personalmente. Magri no, ma lei è fortunata, ci
verrebbe da rispondere. Le lancette scorrono e si fanno le cinque.
Anche il secondo cartellone è pieno. Bilancio finale? Ottimo direi.
Possiamo sbaraccare. Sistemando il materiale ci diamo indicazioni
per la prossima attività, per il prossimo progetto. Fare politica è
anche questo, e diciamocelo: quant’è bello fare politica!
Yannick Deza
GDTO
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