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25 Novembre: La Cronaca.



Coordinate: piazza Castello, angolo via Roma, davanti al negozio della Tre. Sono le due del pomeriggio e un gruppo di giovani ragazzi armeggia con tavolini pieghevoli, bandiere, cartelloni, volantini.

Mi unisco a loro. Il cielo sembra riflettere l’umore delle centinaia di persone che accalcano il centro per la ricorrente immersione domenicale, tra le vie e i negozi intinti in una precoce atmosfera natalizia. Pennarelli in mano, volantini sottobraccio, postit verdi e rosa che attendono di essere riempiti con i pareri della gente che passa.

Che cos’è per lei la violenza? No grazie. Come se la violenza dovessimo commetterla più che denunciarla. Qualcuno si ferma: non mi illudo, appena scatta il verde ecco che riparte la locomotiva umana. Dopo un inizio un po’ fiacco non ci diamo per vinti, ingraniamo la quarta e ci facciamo valere. Servizi utili contro la violenza sulle donne! Uno sguardo che interroga, una rapida occhiata all’opuscolo e zac, preso.

 Si comincia. C’è chi si ferma a leggerlo davanti a noi e sembra invitarci ad avvicinarlo: ne approfittiamo per porgli la domanda. Un reato, dicono in molti. L’assenza di dialogo, altri. E’ la morte della civiltà, la mancanza di sensibilità.

Annotiamo tutto sui post-it colorati e li appendiamo al cartellone intitolato “Violenza è…”, che piano piano comincia a riempirsi. Intanto, sempre più passanti vengono attratti dalle frasi impresse sui foglietti colorati, e con sempre crescente abilità riusciamo a tirarne fuori le impressioni: un orrore, è la sottomissione, un atto di bullismo che non sempre si vede. C’è chi arriva a dire che è un volersi bene a modo proprio. Non mascheriamo lo stupore, ma con serio atteggiamento scientifico annotiamo tutto. 

Vuole appenderlo lei? Molti rispondono di si. Provano soddisfazione a compiere il gesto fisico che aggiunge un tassello a quel puzzle variopinto di idee, a quel vasto e curioso brain storming. Dopotutto, è per una buona causa. Molti ci fanno i complimenti, una grandissima soddisfazione. Verso le quattro abbiamo già finito gli opuscoli informativi. 

A qualcuno di noi riescono delle combo da sei o sette ragazzi, sei o sette foglietti che andranno ad occupare il secondo cartellone, che si aggiunge al primo ormai saturo. Sono pochi i giovani che decidono di fermarsi: nessuno tra i giovani maschi. Punto a un gruppetto formato da un ragazzo e due ragazze. Prima ancora che abbia terminato la parola “violenza”, il ragazzo mi ha già risposto con un secco “no grazie”. Per fortuna riesco a catturare l’attenzione della seconda ragazza, che fermandosi, mi dà il tempo di finire il discorso. “Ciao. Oggi è la giornata mondiale contro la violenza sulle donne. Vuoi contribuire con un tuo parere sulla violenza di genere?”. 

Riflette per un attimo, prende postit e pennarello e scrive la sua. L’amica la imita. Il tempo di riflessione di alcuni supera il minuto, ma anche a questo bisogna adattarsi. Uomini ti guardano ed esclamano “ma guarda che non la picchio”, mentre donne scuotono leggermente il capo come ad indicare che il problema non le riguarda personalmente. Magri no, ma lei è fortunata, ci verrebbe da rispondere. Le lancette scorrono e si fanno le cinque. Anche il secondo cartellone è pieno. Bilancio finale? Ottimo direi. Possiamo sbaraccare. Sistemando il materiale ci diamo indicazioni per la prossima attività, per il prossimo progetto. Fare politica è anche questo, e diciamocelo: quant’è bello fare politica!

Yannick Deza
GDTO


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