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LIBIA : far la guerra per far la pace ?

Febbraio 2015, è il quarto anniversario della rivolta libica contro il dittatoreGheddafi. Ma la rabbia e l'esaltazione di quei giorni sembrano sentimenti del passato. Adesso che la dittatura ha lasciato il posto non solo e non tanto al caos (come in molti prevedevano) ma al gruppo terroristico più pericoloso di questi anni, la speranza e la mediazione politica stanno lasciando il posto alle recriminazioni.Facciamo però un piccolo riassunto delle puntate precedenti analizzando anche gli aspetti territoriali e culturali di un popolo martoriato:
La Libia ha sei milioni di abitanti e un territorio sei volte l’Italia. La maggior parte dei libici vive sulla costa, il resto del territorio è praticamente desertico. Ci sono due grosse regioni, divise dal Golfo della Sirte: la Tripolitania a ovest e la Cirenaica a est. Le riserve di gas e petrolio sono soprattutto all’interno.Da ricordare che il territorio Libico , da sempre, viene governata da tribù: esempio base era la tribù predominante di Gheddafi che aveva preso il potere attraverso lotte militari nei confronti delle altre . il potere veniva mantenuto da Gheddafi grazie ad un sistema Oligarchico che deteneva il controllo distribuendo i proventi petroliferi alla amministrazione libica.  Ciò significa :una piccola popolazione molto ricca e tutti gli altri poveri e sempre più poveri.                                                                                                                                                  Importante è sottolineare ,inoltre,la figura di Gheddafi nel panorama internazionale . Il dittatore , un pò come la figura di Saddam Hussein ha sempre avuto un ruolo ambivalente nello scacchiere delle potenze occidentali , eliminando ogni rispetto dei diritti in ambito interno e limitando l'islamismo estremo per ciò che riguarda il potere politico religioso . in ambito estero la Libia di Gheddafi veniva considerata come un buon partner per accordi commerciali , ma un cattivo riferimento internazionale (vedi Berlusconi)                                     Ogni stato islamico o di cultura islamica , nella storia ,ha avuto sempre problemi di politica interna ;controllata parzialmente da altre nazioni per motivi economici (controllo mercato del petrolio ) o per arginare estremismi religiosi in zone strategiche dell'area( Egitto , palestina).                                                                                                                                             Dopo la caduta del regime di Mu’ammar Gheddafi, nel 2011, in Libia è successo un po’ di tutto.  Di elezioni parlamentari ce ne sono state due, nel 2012 e nel 2014. La Libia è rimasta però sotto il controllo di moltissime milizie: alcune non hanno riconosciuto le elezioni del 2014 e hanno formato  a Tripoli, in Tripolitania, un governo e un parlamento alternativi a quelli “ufficiali”.                                                                                                                                     Ora semplificando, gli schieramenti in Libia sono due. A Tubruq, nell’est della Libia, si è insediato il governo uscito delle elezioni 2014, riconosciuto dalla comunità internazionale e il cui primo ministro è Abdullah al Thinni. A ovest governano le milizie islamiste – la coalizione si chiama “Alba della Libia”: Tripoli, la capitale della Libia, è sotto il loro controllo.                                                                                                                                                    In questo contesto si inserisce un altro enorme nemico : L'ISIS e il suo ideale di creare un vero e proprio califfato islamico. Attualmente ci sono due città libiche controllate almeno in parte da milizie considerate vicine allo Stato Islamico: Derna, nell’est della Libia non troppo lontano da Tubruq, e Sirte, di cui si è parlato negli ultimi giorni (qui fino a poche settimane fa c’erano uomini di Alba della Libia). Sembra che l’IS in Libia sia formato soprattutto da libici tornati dalla guerra in Siria: secondo alcune conta circaun migliaio di miliziani. le probabili conseguenze di queste conquiste e amministrazioni islamiche , secondo alcune fonti , potrebbe causare l'arrivo di migranti sotto controllo delle milizie islamiste
per ciò che riguarda l'Italia : è il paese europeo più vicino alla Libia: il 21 per cento del petrolio acquistato dall’Italia e circa il 10 per cento del gas arriva dal territorio libico . La situazione che c’è ora in Libia è anche considerata tra le principali cause dell’aumento degli arrivi di immigrati tramite il Mediterraneo centrale.                                                                       La questione ora è : intervenire o non intervenire ? e come ?                                                        Le ultime volte in cui l'occidente intervenne in Libia sono state due : la prima con la creazione , nei primi del 900, di una colonia da parte della neonata ideologia coloniale di stampo italiano . La seconda , poco tempo fa con i primi attacchi aerei da parte del governo Sarkozy e con il conseguente appoggio di tutte le altre nazioni occidentali tra cui l'Italia.         Come si è visto per la Libia e per molti altri esempi in Medioriente (Palestina,Egitto,IraQ) l'intervento occidentale non ha portato risultati positivi se non sul breve termine. cosa fare quindi?                                                                                                                                              L'unica possibile soluzione è EVITARE LA GUERRA e instaurare un rapporto diplomatico tra le varie tribù , anche dividendo in due stati l'intero territorio : Cirenaica e Tripolitania(come per altro veniva da sempre considerata nella creazione delle colonie). Evitare la guerra , oltre che evitare la devastazione di un popolazione già in crisi , comporta anche la possibilità di creare rapporti costruttivi tra le varie tribù al fine di limitare l'espansione dello stato islamico .                                                                                                   Purtroppo è chiaro che per quanto si voglia cercare di instaurare la democrazia in luoghi e culture che non concepiscono i nostri stessi ideali , è più che altro fondamentale cercare di garantire maggiori diritti civili a popoli che soffrono nella propria terra. Concedere maggiori diritti significa anche dare la possibilità di autodeterminazione dei popoli e quindi figure con cui potremo relazionarci in futuro . Abbiamo commesso diversi errori fino ad ora ma il passato serve a insegnare come affrontare il futuro, non sbagliamo di nuovo .

FABRIZIO FUIN    Giovani Democratici di Torino 

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