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UNA MANOVRA PER LA CRESCITA? ep. 2: 80 Euro, Tfr e consumi



80 euro, Tfr e consumi

Di questi 32 miliardi, 18 vanno a finanziare quello che è considerato il “pezzo forte” della manovra, ovvero un massiccio taglio di tasse e contributi: in primis la conferma del bonus di 80 euro. Dal punto di vista politico, confermare e rendere strutturale il bonus, come promesso dal Governo, è di fatto una scelta obbligata. Da un punto di vista sociale si tratta sicuramente di un successo, anche se il bonus non è purtroppo parametrato alla situazione del nucleo familiare, e non si estende a categorie sociali che per ora ne sono escluse, come gli incapienti. Dal punto di vista economico però il bonus non ha avuto quell'effetto di rilancio dei consumi che il Governo sperava, né è seriamente pensabile che la sua stabilizzazione abbia un effetto miracoloso sulla fiducia dei consumatori. Anche per questo i consulenti in materia economica del Presidente del Consiglio hanno suggerito di permettere ai lavoratori dipendenti del solo settore privato (consentirlo anche a quelli pubblici avrebbe comportato un esborso eccessivo per l'Inps) di incassare mensilmente per 3 anni la quota di Tfr maturata nel corso dei suddetti 3 anni. Questa decisione è stata aspramente contestata da molti imprenditori, soprattutto i piccoli, perchè costringerebbe quelli con meno di 50 dipendenti, molti dei quali trattengono il Tfr in azienda, ad aumentare la propria esposizione verso le banche, sia pure in presenza di un fondo di garanzia statale. Ma è stata criticata anche da molti economisti, per due ordini di ragioni. In primo luogo, non è affatto certo che il Tfr in busta paga avrà come effetto un rilancio dei consumi. I primi dati forniti dai sondaggi non sono molto incoraggianti: complice il fatto che il Tfr in busta paga sarà soggetto a tassazione ordinaria, solo il 18% degli intervistati dichiara che sceglierà di incassare il Tfr, mentre il 15% si dichiara indeciso (la relazione dell'Ufficio parlamentare di bilancio afferma che sarà il 34% degli aventi diritto ad usufruirne) e del resto appare difficile che il Tfr in busta paga, in media 50 euro al mese, riesca dove ha fallito il bonus di 80 euro.
La seconda ragione è che questa misura, unita all'aumento della tassazione sui fondi pensione, rischia di essere un duro colpo al settore, peraltro mai davvero decollato, della previdenza complementare. Per capire l'importanza della questione dobbiamo ricordare che con il sistema contributivo, e in mancanza di un robusto tasso di crescita del Pil, le pensioni statali erogate nei prossimi decenni saranno sempre più basse, e che quindi i fondi pensione privati saranno un secondo pilastro fondamentale per la tenuta dei redditi in futuro. Aumentare le tasse sui fondi di previdenza integrativa, cioé sui contributi dei lavoratori in via di maturazione, e distribuire anticipatamente il Tfr vuol dire, in altre parole, mangiarsi oggi una fetta del proprio futuro, nella relativamente improbabile speranza che ciò rivitalizzi i consumi. Ne vale davvero la pena?

Ad ogni modo l'aumento dei consumi interni (+0,4% nel prossimo anno secondo le stime tendenziali, +0,7% previsto con la manovra) è l'unica variazione positiva che, secondo l'Aggiornamento al Def, questa manovra porterà all'economia reale. 

Lorenzo Manuguerra

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