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UNA MANOVRA PER LA CRESCITA? ep.3 Le misure per le imprese.

Le misure per le imprese

Altre risorse sono destinate a misure rivolte alle imprese (ma anche alla riduzione del cuneo fiscale), in primis l'eliminazione dalla base imponibile Irap del costo del lavoro (6 miliardi). Si tratta di una buona misura, non solo perchè riduce il cuneo e quindi il costo del lavoro, ma anche in quanto finora questa tassa, colpendo una base imponibile molto più grande dell'effettivo reddito dell'impresa, finiva per risultare molto pesante (nonostante l'aliquota modesta), penalizzando in particolare tutti i settori ad alta intensità di lavoro, e giungeva paradossalmente a gravare anche su aziende in perdita (non a caso l'Irap è l'imposta più odiata dal mondo delle imprese). Questa è dunque una misura importante e rappresenta un notevole cambio di prospettiva (a parere di chi scrive migliorativo) rispetto all'idea iniziale del Governo di limitarsi a ridurne gradatamente l'aliquota (tant'è vero che essa viene riportata al 3,9%, dal 3,51% a cui era stata ridotta a maggio).
La manovra comprende anche il credito d'imposta del 25% destinato ai nuovi investimenti (aggiuntivi rispetto agli anni scorsi) in ricerca e sviluppo, per 255 milioni complessivi, un segnale importante (anche se a questo punto sarebbe doveroso chiedersi, prima di offrire incentivi fiscali, perchè l'Italia, e in particolare il suo settore privato, investa in ricerca e innovazione così poco).

Diverso è il discorso sulla decontribuzione per i neoassunti. Su tutti i nuovi contratti a tempo indeterminato le imprese non dovranno pagare i contributi a carico del datore di lavoro (33% del costo del lavoro), che si accollerà lo Stato, per i primi 3 anni (1,9 miliardi). Qui invece sorgono forti dubbi sull'utilità del provvedimento, espressi da parlamentari della sinistra Pd, da sindacalisti, ma anche dall'Ufficio parlamentare del bilancio e da altri organi tecnici. In effetti, poiché nella legge di Stabilità non viene precisato che queste assunzioni devono essere aggiuntive rispetto al personale già in servizio, e poiché non c'è una prospettiva di crescita, molto probabilmente le imprese utilizzeranno quest'incentivo (eccome se lo utilizzeranno!) per limitarsi ad effettuare le nuove assunzioni che già avevano in animo di fare e soprattutto a regolarizzare i lavoratori precari. Ma questo è un ottimo risultato, no? Veramente no: in effetti, il grosso problema di quest'incentivo è che va a sovvenzionare i primi 3 anni di un contratto a tutele crescenti che proprio per i primi 3 anni, o per un periodo più lungo, non tutela dal licenziamento. L'incentivo scompare, aggravando il costo del lavoro anche del 50%, proprio nel momento in cui crescono le tutele. In termini più crudi, con questo sistema conviene al datore di lavoro licenziare il lavoratore entro i famosi 3 anni, assumendone poi uno nuovo. Ciò viene affermato non dal blog di Beppe Grillo o da qualche partitino vetero-comunista, ma dalla Relazione tecnica della legge di Stabilità, secondo la quale i nuovi contratti a tempo indeterminato avranno una durata media di 6 mesi, e viene confermato dal già citato Aggiornamento al Def, che indica a seguito della manovra una discesa del tasso di disoccupazione dal 12,6 al 12,5%, solo lo 0,1%. Burocrati del Ministero delle Finanze e degli Uffici tecnici delle Camere gufi e rosiconi? 

Evidentemente no, perchè la scarsa durata effettiva dei nuovi contratti è stata candidamente ammessa anche da Yoram Gutgeld, uno dei consiglieri economici più vicini al Presidente Renzi, di fronte alla domanda di come fosse possibile finanziare la decontribuzione con 1,9 miliardi quando per 1 milione di nuovi lavoratori (cifra fornita dal Governo) occorrebbero 8 miliardi. Quindi secondo Gutgeld la norma non creerà 1 milione di nuovi posti di lavoro, ma un numero molto inferiore attorno al quale si alterneranno 1 milione di giovani. Stando così le cose questa norma andrebbe cambiata. Per evitare il giochetto di cui sopra basterebbe accogliere la richiesta della minoranza Pd che questa decontribuzione scatti solo nel caso di assunzioni aggiuntive. E' importante sottolineare che qui la richiesta di maggiori risorse (ci vuole ben altro!) non c'entra nulla, anzi: è proprio la limitatezza delle risorse pubbliche a disposizione che impone di curarne al meglio la ripartizione, evitando di disperderle in iniziative dall'esito assai dubbio, come questa decontribuzione, quando per esempio non ci sono ancora certezze sulla reale copertura finanziaria dell'estensione delle tutele richiesta dal Jobs Act.


Ad ogni modo, il Governo non si aspetta da queste riduzioni del cuneo fiscale grandi modifiche sulla competitività del sistema Italia: infatti, l'Aggiornamento del Def non indica alcuna variazione, rispetto a prima della manovra, delle esportazioni nette, previste in calo dello 0,1%.

Lorenzo Manuguerra
GDTO

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