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#JesuisCharlieHebdo


Non è inconsapevolmente che scelgo di aderire al grande fenomeno di massa #jesuisCharlie, che sta spopolando sui social network in questi giorni. Lo faccio perché sono personalmente dispiaciuto per la morte di dodici persone, e sono addolorato per le dodici famiglie a cui rimarrà per sempre impresso, come una cicatrice sul cuore, il 7 gennaio 2015. Non solo. Lo faccio anche perché esso vuole rappresentare la libertà

Ma il termine libertà è per sua stessa natura ambiguo, può essere suscettibile di diverse interpretazioni. Il modo in cui io l’ho sempre inteso, è il modo in cui George Orwell lo definì nell’appendice del suo celebre libro La fattoria degli animali: “se la libertà significa qualcosa, consiste nel dire alla gente ciò che non vuole sentirsi dire”. L’attentato terroristico alla redazione del giornale satirico Charlie Hebdo è stato visto come un grave attacco ai valori occidentali di libertà. In questi giorni il valore della libertà viene celebrato in contrapposizione al terrore dei fondamentalisti islamici, viene ormai abusato per indicare la linea di demarcazione che separa il mondo civile occidentale dalle barbarie islamiche. Incautamente. 

Infatti, rivendicare dei valori che si credono “superiori”, e rivendicare l’appartenenza a un mondo “superiore” è esattamente ciò che le persone vogliono sentirsi dire. Dopotutto, non ci fa sentire meglio? Identificarci con una grande civiltà che rivendica la libertà come frutto di un suo percorso storico? E soprattutto puntare il dito contro l’Altro, il Diverso, colui che attacca i nostri valori e da cui dobbiamo difenderci? La dinamica amico-nemico è un fortissimo strumento di identificazione. Una dinamica fin troppo elementare per un popolo, quello europeo, che dovrebbe aver capito che questo è il primo passo verso la massificazione del pensiero, la morte della libertà d’opinione. Infatti, non è contrapponendo la libertà a qualcosa di esterno che difenderemo i nostri valori. Anzi. 

Quando prende piede la cieca esaltazione che, arricchita dal trasporto emotivo, genera un forte orgoglio identitario, il seme del fanatismo si sta insidiando tra di noi, lo stesso che vorremmo condannare e combattere. Per questo motivo oggi sono qui per dirvi quello che non vorreste sentirvi dire, per difendere la libertà, se esiste davvero. Dobbiamo stare attenti, perché il sonno della ragione genera mostri e la libertà è un valore così aspro da difendere che fin troppo spesso viene abbandonato in nome di qualcosa di più semplice: l’omologazione del pensiero. Il primo strumento di controllo sociale.


Nuwanda

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