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Legge di Stabilità: Le misure contro l'evasione fiscale


Nella legge di Stabilità, come sopra accennato, 3,8 miliardi arrivano da misure di contrasto all'evasione fiscale. Dal prossimo anno le Pubbliche Amministrazioni tratterranno l'Iva dovuta sui loro acquisti, evitando così il rischio che i loro fornitori possano non dichiarare i ricavi derivanti dalle forniture per la PA (sì, in Italia succede anche questo). Inoltre viene introdotto il reverse charge (meccanismo che obbliga il venditore a versare tutta l'Iva su un determinato prodotto o servizio, senza scaricarla in parte sui fornitori a monte, questo allo scopo di spezzare le connivenze all'interno della filiera produttiva) per alcuni settori, pulizie, edilizia specializzata, i mercati dei certificati energetici, caratterizzati da altissima evasione. Viene infine intensificato l'incrocio delle banche dati e avviato il cosiddetto “ravvedimento operoso”, cioé qualora l'incrocio delle banche dati evidenzi discrepanze tra quanto dichiarato da un'impresa e quanto emerge dalle ricevute degli acquisti delle imprese clienti, l'impresa in questione potrà mettersi in regola pagando immediatamente una sanzione ridotta. In particolare le prime due misure sono state precedentemente pensate dal Nens di Visco come tasselli di un disegno organico più ampio, volto a prevenire l'evasione ostacolando le modalità con cui sono attualmente evase le imposte, tramite questi ed altri provvedimenti. Un approccio alla lotta all'evasione molto diverso da quello messo in atto finora, basato sull'idea di reprimere il fenomeno “spaventando” gli evasori con blitz occasionali a campione o con l'effetto deterrente di strumenti in realtà difficilmente applicabili come il redditometro. Se il Governo avrà la forza e la determinazione di proseguire su questa strada facendo suo lo spirito di queste proposte, potrebbe ridurre in misura significativa questa piaga che sottrae all'erario 91 miliardi l'anno, secondo stime probabilmente riduttive dell'Agenzia delle entrate.
Peraltro, in questa legge di Stabilità, viene reintrodotta una norma che presenta il forte rischio di incoraggiare l'evasione, ovvero il regime dei minimi, che si traduce in forti agevolazioni fiscali per le partite Iva al di sotto di una determinata soglia di fatturato (variabile a seconda del settore). Questo particolare incentivo, già introdotto nel 2007, era stato poi abrogato durante il Governo Monti perchè, tagliando radicalmente le imposte dovute da chi rientrava al di sotto di queste soglie, incentivava molte imprese a nascondere parte dei loro ricavi per risultare entro i limiti. Oggi si corre lo stesso rischio.


In conclusione, per quanto non manchino misure positive e condivisibili, come il taglio dell'Irap e le norme anti-evasione, questa manovra non può seriamente dirsi espansiva, pur aumentando il deficit pubblico. E in effetti le previsioni del già citato Aggiornamento al Def non evidenziano modifiche significative all'andamento del Pil derivanti dalla manovra (+0,6% anziché +0,5%, stabile l'inflazione). In particolare questo disegno di legge presenta una vistosa lacuna, criticata aspramente dai sindacati ma anche, in una recente intervista, dal Presidente di Confindustria: la totale mancanza di investimenti per la crescita, rinviati all'attuazione di un piano Juncker su cui pesano ancora molte incognite, in particolare sulla leva fornita dai privati, e che comunque nella migliore delle ipotesi genererà investimenti per 20-25 miliardi in 3 anni (lo 0,4-0,5% del Pil). Al posto degli investimenti, trasferimenti alle famiglie (80 euro, Tfr) nella speranza che consumino di più e alle imprese (taglio Irap, decontribuzione neoassunti) nella speranza che investano di più e che arrivino nuovi investitori dall'estero. Ma in questa relazione non c'è alcun automatismo ed è chiaro che l'aumento dei consumi e degli investimenti privati non ci sarà senza il ritorno del fattore più importante, la fiducia. Tutto questo mentre si riduce la spesa pubblica (che, bene o male, rimane una componente importante della domanda interna), senza peraltro capire in quale misura questi tagli si tradurranno in riduzione degli sprechi, dei servizi ai cittadini o in aumenti delle imposte locali. Keynes affermava che in tempi di crisi consumi e investimenti privati sono fermi per mancanza di fiducia e che pertanto è lo Stato a dover effettuare quegli investimenti produttivi (la metafora dello “scavar buche” è solo un paradosso) necessari a far ripartire la domanda, ampliando la spesa pubblica: questa manovra va in direzione completamente opposta, tagliando la spesa pubblica e affidando la ripresa dell'economia a una miracolosa ripresa della fiducia presso i privati. Non resta quindi che sperare in una buona attuazione del piano Juncker e in una ripresa dell'economia mondiale che aumenti le nostre esportazioni. 

Lorenzo Manuguerra
GDTO

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