Oggi,
8 marzo, Giornata internazionale della donna, ricordiamo le conquiste
compiute dalle donne nell'ultimo secolo in materia di libertà,
emancipazione e pari opportunità, chiedendoci anche a che punto
siamo e quanto resta da fare. Innanzitutto, perché proprio l'8
marzo?
Su
questa data circolano varie leggende e supposizioni, tra cui quella
secondo la quale la ricorrenza è legata a una strage verificatasi in
una fabbrica di camicie a causa di un incendio avvenuto mentre le
operaie, a seguito di uno sciopero, vi erano state rinchiuse
dall'imprenditore. Ora, questa tragedia è realmente avvenuta, ma in
altra data -25 marzo 1911- e vi morirono anche operai maschi. In
realtà la data dell'8 marzo è relativa ad un episodio della
Rivoluzione russa: l'8 marzo 1917 -23 febbraio per il calendario
giuliano- le donne di San Pietroburgo scesero in strada per
protestare contro il razionamento del cibo; l'episodio diede il via
alla Rivoluzione di febbraio che determinò la caduta dello zar (in
quegli anni il movimento femminista era, qui in Europa, strettamente
legato ai partiti socialisti, perciò si scelse la data dell'8 marzo
come festa della donna; più tardi, quando si manifestò la
contrapposizione tra Paesi occidentali e blocco sovietico, si preferì
cercare versioni alternative che fossero verosimili).
Ma,
in termini di pari opportunità, oggi a che punto siamo? Grazie alle
lotte dei movimenti per i diritti delle donne (e non solo), le cui
istanze sono state lentamente recepite dai partiti politici e dalle
istituzioni, si è raggiunta, almeno nei Paesi più progrediti, una
parità giuridica compiuta. Per misurare effettivamente la parità di
genere non basta però riferirsi semplicemente alla normativa ma
occorre verificare l'effettivo divario tra uomini e donne in termini
reali: la speranza di vita, l'accesso all'istruzione, il livello di
occupazione e di retribuzione, la partecipazione politica e la
presenza nelle istituzioni. Dal 2006 ogni anno il World Economic
Forum pubblica una ricerca focalizzata appunto su tali questioni, il
Global Gender Gap Report. Il più recente, disponibile dall'ottobre
2014, individua come nessun Paese abbia raggiunto la piena parità di
genere. Prime in graduatoria sono le cinque Nazioni nordeuropee
(Islanda, Finlandia, Norvegia, Svezia, Danimarca). Una precisazione:
i vari indicatori che compongono l'indice generale non presentano
risultati omogenei, in particolare, per quanto attiene la sfera
economica e lavorativa, la disparità di genere è ancora molto forte
e in lento recupero, a fronte della speranza di vita, la cui
differenza tra uomini e donne è ormai trascurabile in gran parte del
mondo. E l'Italia?
Nella
classifica generale, il nostro Paese risulta al 69° posto (su 142
Stati). Questa posizione, mediocre rispetto ai nostri vicini europei,
è tenuta in alto dalla partecipazione politica: qui l'Italia si
trova al 37° posto (il Parlamento è composta al 31% da donne e fino
a qualche mese fa avevamo un governo completamente paritario). Il
settore in cui il gap è particolarmente grave è quello lavorativo
(114° posto), per la bassa partecipazione delle donne al mercato del
lavoro (88° posto) ma soprattutto per la differenza di retribuzione
a parità di mansione (129° posto): in media, nel 2014 una donna ha
guadagnato appena il 48% dello stipendio di un uomo. Per fare qualche
confronto, in Spagna questa percentuale sale al 54, in Germania al
63, in Danimarca addirittura al 71%. Confrontando l'indice negli
ultimi anni si può notare che è notevolmente peggiorato a partire
dal 2009, cioè che la crisi ha colpito in termini di occupazione e
di retribuzione le donne in maniera più acuta degli uomini. Di
questo la politica dovrebbe farsi carico il prima possibile.
Un
altro aspetto da mettere in risalto è il rapporto uomo-donna.
Notevoli progressi sono stati fatti nel recente passato (il divorzio,
l'abolizione del delitto d'onore, la parificazione di uomo e donna
all'interno della famiglia). Vi sono però tuttora consistenti sacche
di arretratezza psicologica e culturale, in cui l'uomo ritiene ancora
di poter esercitare sulla donna un diritto di possesso, avendo in
conseguenza diffusi fenomeni di vessazione e violenza, che sfociano
nei casi più gravi nel “femminicidio”. Occorre sia da parte
delle istituzioni sia da parte della società civile un continuo
sforzo di educazione per trasmettere a tutti, fin dall'infanzia, il
rispetto della donna come persona umana.
In
conclusione, noi dobbiamo costruire una società caratterizzata dalla
parità di genere. Un mondo in cui le donne possano esprimere
compiutamente la loro personalità e possano ricoprire i ruoli che
meritano e che spesso sono stati loro negati è un mondo migliore,
più ricco, dei cui benefici usufruiremo anche noi uomini. Come ha
dichiarato ieri il Presidente Mattarella, “senza le donne, senza di
voi, l'Italia sarebbe più povera e più ingiusta”.
Buon
8 marzo a tutte le donne.
Lorenzo
Manuguerra
GDTO
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