La politica è una cosa complessa,
diversamente da come giornali e dibattiti da bar vogliono spesso
farci sembrare. E la politica nei partiti è ancora più complessa,
perché si tratta di organismi dalle molte vite e dalle molte
sfaccettature, senza i quali la democrazia perderebbe certamente un
pezzo importante delle proprie fondamenta.
Le implicazioni di questa complessità
sono molteplici, ma forse la prima questione che sarebbe utile
chiarire è la differenza netta che intercorre fra la politica
nazionale e la politica locale.
A livello nazionale la politica italiana funziona ormai in modo piuttosto personalistico, conviene ai giornali e forse anche ai cittadini, avere dei punti di riferimento forti e chiari, che siano rappresentati da un nome e da una faccia, possibilmente telegenici ed accattivanti.
A livello nazionale la politica italiana funziona ormai in modo piuttosto personalistico, conviene ai giornali e forse anche ai cittadini, avere dei punti di riferimento forti e chiari, che siano rappresentati da un nome e da una faccia, possibilmente telegenici ed accattivanti.
La politica a livello locale, invece, è fatta sì di personalità note e meno note, ma è fatta anche e soprattutto di progetti e di politiche pubbliche specifiche. Quando si parla poi di politica dei partiti a livello locale, le dimensioni da considerare sono due: gli organi di partito (segreterie, direzioni, assemblee) e gli enti locali. Qui, fortunatamente, il dibattito e le battaglie politiche riescono spesso ad essere più diretti, più specifici e più attenti alle problematiche reali della cittadinanza.
Questa distinzione può giovare al
lettore e al cittadino attento che voglia comprendere le ragioni
secondo cui alcune persone fanno politica all’interno di un certo
partito, pur non condividendone totalmente la linea di governo a
livello nazionale.
Oggi uno degli esponenti più popolari
e interessanti del Partito Democratico ha deciso di staccarsi dalla
linea del governo presieduto dal suo stesso segretario di partito,
per proseguire la sua attività all’interno del gruppo misto. La
decisione di Pippo Civati di allontanarsi dal PD ha lasciato poco
stupore e molta amarezza nei circoli e fra i militanti, soprattutto
fra quelli che in lui hanno sempre visto una valida alternativa a
Renzi e un fondamentale ponte con la sinistra. Tuttavia la sua scelta
appare, considerando il livello della politica nazionale, un po’
estrema ma decisamente comprensibile. Un uomo onesto e integro, come
Civati ha sempre dimostrato di essere, che non riesce a trasmettere
la propria propositività e le proprie idee nell’azione di governo
del suo stesso partito, ha tutta la legittimità di tentare una
strada alternativa, dove forse smetterà di essere dipinto come
l’anti-Renzi, come quello contro a prescindere, e finalmente verrà
ascoltato per quello che propone e per quello che propugna.
Cosa accadrà allora a tutti i
militanti del PD che lo hanno sostenuto all’ultimo Congresso? Gli
spettatori più assolutisti si aspetteranno forse una fuoriuscita di
massa dal partito, ma personalmente non credo che questo avverrà.
Ciò che mi preme spiegare oggi sono le ragioni di chi, pur avendo
seguito Civati con convinzione e dedizione, sceglierà di non uscire
dal partito ma deciderà di restare a combattere al suo
interno. Ciò che aveva unito e caratterizzato la candidatura di
Pippo all’ultimo Congresso non era stata la sua persona, di
indubbio valore, ma erano state le idee. La mozione di Civati era
nata da uno sforzo dal basso, da una grande intelligenza collettiva
fatta di persone, culture ed associazioni, che avevano scelto di dare
il loro contributo integrando e diffondendo le idee di quella
bellissima campagna.
Oggi quelle persone sono ancora
impegnate sui territori per portare alla luce quelle stesse istanze
che tanto orgogliosamente avevano promosso, lo fanno tutti i giorni
nelle assemblee del Partito Democratico, tutti i giorni nelle
amministrazioni locali, tutti i giorni nel dialogo continuo con la
società civile. Questo perché a livello locale la vita politica si
compone di battaglie più circoscritte ma più nette, che permettono
a tutti noi di realizzare, a piccoli ma importanti passi, quel
cambiamento e quel miglioramento di cui secondo noi questo paese ha
bisogno.
Perdere un congresso fa parte del
naturale andamento della vita politica di un militante di partito, ma
non per questo diventa una motivazione per rinunciare alla
realizzazione delle proprie battaglie e delle proprie idee.
Nella convinzione che le menti e i
cuori liberi sapranno sempre dove ritrovarsi, auguro a Pippo
Civati di riuscire a portare avanti le sue idee e gli ricordo che in
me e in tanti compagni avrà sempre una sponda per tutte quelle
battaglie che allo scorso congresso ci hanno uniti.
“Fermiamo
una distinzione che al coperto di lievi variazioni grammaticali
sottintende una importante differenza di concetto: la distinzione tra
‘il politico’ e ‘la politica’, e cioè la differenza tra il
sostantivo e la sostantivazione. Il politico è un certo tipo di
persona, e se ne può fare una caratteriologia, o tipologia, in
ragione della quale da una parte si dispone il politico ‘realista’
e, dall’altra, il politico ‘idealista’. […]
La POLITICA è invece un processo che coinvolge moltissime persone e che – almeno al giorno d’oggi – richiede la loro adesione e partecipazione. E prima di dire che una politica ha avuto successo si debbono mettere nel conto non solo dei grandi numeri, ma anche un ragionevole lasso di tempo.”
La POLITICA è invece un processo che coinvolge moltissime persone e che – almeno al giorno d’oggi – richiede la loro adesione e partecipazione. E prima di dire che una politica ha avuto successo si debbono mettere nel conto non solo dei grandi numeri, ma anche un ragionevole lasso di tempo.”
Democrazia e definizioni,
Giovanni Sartori
Ludovica Cioria
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