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LA RIFORMA MORALE

NOTA: Questo testo è la sintesi di un articolo ben più lungo e completo. Trattandosi, appunto, di sintesi ed essendo l’argomento delicato, al fine di evitare fraintendimenti e polemiche, vi invito a leggere l’articolo completo (dove ho anche anticipato alcune possibili obiezioni).
In questi ultimi mesi, la politica non ha dato un grande spettacolo: candidature “problematiche” alle Elezioni Regionali, il Senato che nega l’arresto di un suo membro, gli ultimi scandali di “Roma Capitale”, un dibattito sulla riforma istituzionale e costituzionale, la quale provocherà un gravissimo danno alla vita democratica del paese, caratterizzato da una dottrina politica che sembra ritenere “accessorio” il confronto democratico. Un gruppo trasversale di parlamentari ha proposto di legalizzare la cannabis per uso ricreativo, mentre assistevamo a terribili tragedie di giovanissimi morti in discoteca, che ci hanno mostrato un quadro desolante di come si intenda oggi il concetto di divertimento ed è stata approvata una riforma della scuola che, in alcun modo, ha affrontato i temi relativi all’educazione morale dei giovani. Localmente, abbiamo assistito ad occupazioni illegali, su cui non vi sembra essere la volontà politica di agire per restaurare la Legalità, nonché alla vandalizzazione di locali di proprietà pubblica. E molto altro…
Che cos'hanno in comune tutti questi episodi?
Tenterò di dare una risposta unitaria, ovviamente, assolutamente personale, cercando di applicare un approccio riduzionista (tanto caro alla mia amata Fisica Teorica).
Io credo che la gran parte dei “mali” del paese possano essere ricondotti ad un'unica causa fondamentale: la bassissima tensione morale che oggi contraddistingue la nostra stessa società.
Ritengo che la “crisi infinita” che il nostro paese sta vivendo sia in realtà, in gran parte, riconducibile ad una “crisi morale”. La nostra società è, cioè, secondo l’opinione di un umile ed irrilevante politico ed amministratore, come il sottoscritto, in gran parte, guidata da disvalori, piuttosto che valori, o, comunque, caratteristiche negative quali l'ignoranza, l’individualismo sfrenato (opposto alla tensione verso il bene comune), l'edonismo, lo scarso senso del dovere, lo scarso senso del limite e del decoro, la tendenziale inosservanza di ogni tipo di regola, limitazione e forma, la scarsa serietà e disciplina (sia individuale sia collettiva), la corruzione, la furberia, l’ostentazione, l’inaffidabilità, la codardia, il nepotismo, la piaggeria, il lobbismo, il NIMBY, il vittimismo, l’assenza di severità, la superficialità, la mancanza di rispetto nei confronti delle persone e, più ancora delle istituzioni e tanti, tanti altri.
In gran parte, secondo me, l’Italia è questa!
Ed allora, quale può essere la cura per questa “malattia collettiva”?
Ebbene, sono profondamente convinto che sia essenziale una “riforma morale” che porti ad una modifica radicale della nostra mentalità, del nostro stesso modo di pensare ed agire.
Si tratta di un argomento estremamente complesso, innanzitutto perché la morale, evidentemente, ha una forte componente soggettiva; qui, rappresenterò le mie personali opinioni morali. Inoltre, si tratterebbe di una linea d’azione che non potrebbe portare risultati immediati, bensì occorrerebbero decenni affinchè i suoi effetti possano concretamente rendersi manifesti; la riforma morale non potrebbe, in ogni caso, essere imposta in modo repentino, perché, se così fosse, ci troveremmo di fronte ad un deficit di democraticità, in quanto dovremmo implementare una visione morale non necessariamente condivisa dall’opinione pubblica. Essa deve perciò realizzarsi attraverso una progressiva presa di consapevolezza ed accettazione del nuovo modo di pensare, del nuovo modello morale, costruendo, passo dopo passo, il consenso intorno ad esso.
Le categorie dell’azione dovrebbero, quindi, essere, in ordine di importanza, le seguenti:
- Esempi positivi da parte delle classi dirigenti.
- Azione educativa
- Azione normativa (divieti, sanzioni, ecc.)
- Azione repressiva
Occorre l’implementazione di valori diametralmente opposti a quei disvalori che ho elencato in precedenza ed attanagliano la società: serietà, cultura, severità, legalità assoluta, disciplina e, soprattutto, il principio che i doveri sono importanti quanto i diritti, il bene comune è più importante di quello individuale, i diritti collettivi più importanti di quelli personali, così da tendere verso una società “ragionevolmente ordinata”. Ciò deve necessariamente declinarsi in molte categorie e contesti, fortemente interconnessi tra di loro.
Il primo passo da compiere dovrebbe essere l’autoriforma della politica, la quale deve essere la prima a dare il buon esempio ed a recuperare le propria credibilità perduta; non una riforma “iconoclasta” delle istituzioni, mirata alla riduzione degli spazi di rappresentatività politica e quindi di democrazia (come accaduto per le province ed ora sta per accadere col Senato, mediante un’operazione che potrebbe pregiudicare i futuri equilibri democratici del nostro paese, conquistati con tanti sforzi, lotte e sofferenze dai nostri padri e dai nostri nonni), bensì una riforma del funzionamento dei partiti. Occorre correggere l’arroganza intrinseca che oggi domina parte della classe dirigente, rispettare maggiormente regole e forme, ristabilire il confine sempre più labile fra la Politica ed i poteri e gli interessi economici\finanziari, nonché le varie forme di lobbismo e contrastare il basso grado di legalità che la caratterizza.
È mia opinione, infatti, che il politico dovrebbe avere molti più doveri che diritti, rispetto ad ogni altro cittadino; il rappresentante o dirigente politico deve essere al di sopra di qualsiasi sospetto, di qualsiasi ombra che possa lambire interessi personali, amicizie o necessità individuali. Da questo punto di vista, la politica deve essere l'ambito dove applicare il massimo livello di rigore morale, in modo tale che qualsiasi provvedimento o notizia col potenziale di indurre alla remota ipotesi che un dirigente politico possa avere commesso atti non conformi alla legge dovrebbe comportare l'immediata decadenza dello stesso. Occorre anche prendere in considerazione i comportamenti e gli atteggiamenti del dirigente politico, valutando aspetti come l’affidabilità, la puntualità, il rispetto delle forme e delle persone, nel linguaggio e nelle azioni, che dovrebbero costituire elementi essenziali nel giudicare il suo profilo.
A tal fine, si rende necessaria una regolamentazione per legge della vita dei partiti, che prenda in considerazione tutti questi aspetti, facendo sì che sia un’autorità terza, ad esempio un organo legato alla Magistratura, a vigilare, ad esempio, sui momenti di democrazia interna, nonché sull’idoneità dei politici agli incarichi che si ricoprono. Il ruolo dei partiti dovrebbe essere politicamente più debole, dovrebbero cioè essere degli “spazi politici”, dove siano massimamente tutelati la pluralità ed il dissenso interni, ma vi sia la massima rigidità nei confronti di coloro che sono ritenuti, in base a codici comportamentali molto chiari e precisi, non credibili nei confronti dell’opinione pubblica.
Dopo avere riformato la politica in questo senso, occorre implementare un maggiore livello di Legalità all'interno della società stessa, sia nel senso di intervenire al fine di creare la “cultura della Legalità”, sia di rendere reale, finalmente, il sacrosanto principio del “chi sbaglia paga”. La legalità sarà un principio credibile unicamente se potrà essere applicato realmente in modo universale, ossia nello stessa misura per tutti i segmenti della società. Infatti, una certa parte politica interpreta la legalità unicamente come “sicurezza”, così che la Legge deve essere estremamente dura coi “poveri cristi” e totalmente permissiva verso i “potenti”. Un'altra parte politica, invece, ha sempre cercato di fare passare l’idea che l’amministrazione della giustizia dovrebbe essere molto rigorosa nei confronti dei “potenti” e molto tollerante nei confronti dei comportamenti illegali compiuti dalle classi socialmente “svantaggiate”, oppure dei gesti dimostrativi, quali le occupazioni illegali. Questo deve essere superato.
Di fatto, ciò che veramente manca, in questo paese, è la certezza della pena, a causa delle lungaggini processuali ma, soprattutto, probabilmente, di una procedura, non solo per quanto concerne l’aspetto penale, non adeguata. In questo contesto, dove spesso non si giunge ad una effettiva imposizione della pena, come si può sperare che la legalità diventi un valore da tutti riconosciuto?
Credo che occorra una revisione profonda delle nostre “procedure legali”, riportando la valutazione ad una natura più “oggettiva” e meno basata sul “diritto”, inteso come codici, codicilli, cavilli, ecc., tenendo a mente che ciò si può fare solo rinunciando ad una piccola dose di diritto individuale, per fare trionfare gli interessi collettivi. Non sono esperto di diritto, quindi non scenderò nei dettagli di come concretamente realizzare tutto ciò, salvaguardando, al contempo, il principio garantista, ma credo, ad esempio, che istituti come quelli della prescrizione andrebbero profondamente ripensati, così come occorrerebbe una minore possibilità di ricorrere ed appellarsi, soprattutto quando una delle parti in causa è il pubblico.
Occorre, poi, avviare la società ad un maggiore rispetto delle regole, incominciando dalle piccole cose, di nuovo, rafforzando gli interessi della comunità su quelli del singolo individuo; in generale, sarebbe necessario implementare, in misura maggiore, la possibilità, per lo Stato, di “monitorare” la società, superando il concetto di privacy come un diritto di eccessivo rilievo, ad esempio, aumentando il numero di telecamere per le strade; dovremmo cancellare il vocabolo “condono”, in qualunque ambito, dal nostro vocabolario, ed impegnarci in modo “feroce” contro l’evasione fiscale. Occorre che i mass media si attestino su elevati standard di qualità ed intervenire su tutto ciò che attiene al mondo della finanza, del diritto societario e dei conflitti di interessi, per riportare l’economia ad una dimensione più umana, reale, etica e (fondamentale) rispettosa dell’Ambiente.
La Moralità, però, precede la Legalità, è un concetto più fondamentale. Occorre, cioè, una correzione dei comportamenti e degli stili di vita, che stemperi fenomeni quali edonismo, autolesionismo (ad esempio fumo, alcol, ecc.), pressapochismo, individualismo frenato, ostentazione sessuale, ecc.: oggi, vige una sorta di “Dittatura culturale del Divertimento”.
I giovani, oggi, in molti casi, hanno una visione della vita ed un sistema valoriale completamente distorti, come molti tristi fatti di cronaca di questa estate ci insegnano. Innanzi tutto, occorre dare dei segnali inequivocabili; già la sola proposta di legalizzare la cannabis per uso ricreativo ritengo che sia stata deleteria, perché ha dato un bruttissimo segnale: lo stato si arrende, “sballo libero!”. Quindi, assolutamente no a nuove legalizzazione di qualsiasi tipo di stupefacenti o, comunque, sostanze psicotrope e\o autodistruttive. Occorre porre seri limiti al fenomeno della cosiddetta “movida”, in tutte le sue varie forme, la quale, oltre a danneggiare chi viene coinvolto in prima persona, ha pesanti ricadute sulla comunità, anche perché compromette la crescita morale dei ragazzi, in quanto, essi tendono a non apprendere il senso del limite. Anche le amministrazioni locali dovrebbero seriamente riflettere su tutto ciò, comprendendo che si tratta di fenomeni cui occorre mettere un freno, nell’interesse della collettività.
Il contesto in cui intervenire prioritariamente è la Scuola. Oggi, gli studenti sono considerati alla stregua di oggetti di cristallo, sono fortemente tutelati sia dal sistema, sia dai loro stessi genitori che hanno perso quella capacità di educare i figli al rispetto ed alla disciplina; così, una parte di loro, certamente minoritaria, ma sufficiente a destabilizzare le classi, si sente intoccabile e quindi libera di fare qualunque cosa. Costoro rischiano di diventare adulti che avranno difficoltà ad inserirsi nella società civile. Serve, quindi, un nuovo approccio disciplinare, più duro, più fermo, più fortemente connotato alla severità ed all’educazione del rispetto delle regole, che dia più potere all’insegnate e ne rivaluti la figura, restituendole quel ruolo di autorità, quale rappresentante dello Stato. Occorre, quindi, che la scuola prenda in mano quella funzione educativa che la famiglia ha parzialmente perso e che possa inculcare nei nostri futuri cittadini quel senso delle Istituzioni, del rispetto sia nei confronti dell’autorità sia delle persone e della necessità dell’osservanza delle regole sempre e comunque. Quando questo sarà realizzato, la Scuola funzionerà davvero e potrà combattere l’altro smisurato male della società italiana: l’ignoranza!
Se si realizzasse tutto ciò, dopo decenni, avremmo, finalmente, una società dove prevalgono valori di onestà, legalità, efficienza, affidabilità, rispetto delle regole, morigeratezza negli stili di vita, senso del bene comune, ecc. Una società più giusta ed operosa.
Purtroppo, tutto ciò non si realizzerà mai, in quanto è molto più comodo ricercare il consenso immediato piuttosto che realizzare ciò che, impopolare, potrebbe risultare davvero efficace.
Il vostro affezionato, da parte sua, invece, ha sempre cercato, fra mille errori, imperfezioni, fallimenti, difficoltà, di agire sia a livello personale, sia livello di azione politica ed amministrativa, sulla base di questi principi e così continuerà a fare anche in futuro.
Grazie per avermi dedicato la vostra attenzione.
Riccardo Tassone

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