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SE LO STATO NON MI PIACE - Quando "privato" non è sinonimo di "progresso"


Vaprio d'Adda e Sanremo. Gli avvenimenti e scandali recenti occorsi nei due comuni hanno sollevato un polverone mediatico, di una tipologia alla quale in Italia già siamo abituati ad assistere.

Il dibattito è stato, ovviamente, monopolizzato dai talk show; non c'è stato pomeriggio, nelle ultime settimane, senza che si sia potuto accendere il televisore e non sentir parlare di una delle due città. Certo, è vero, i temi affrontati non sono dei più leggeri: sicurezza del cittadino e difesa personale, trasparenza ed efficacia della Pubblica Amministrazione.

Seppur molto diversi, i due argomenti hanno fornito a molti l'occasione di intavolare un discorso concettualmente vastissimo, ovvero quando, e quanto, lo Stato debba e possa far valere la sua azione diretta nella società. Ad esempio, si è partiti sostenendo come, se percepita l'assenza dello Stato, la difesa personale sia un diritto incontrastabile, fuori da qualsiasi norma che possa stabilirne gli eccessi. Se certe sfumature di un simile discorso meritano discussione, altrettanto non si può dire dei risvolti degenerativi in cui esso è sconfinato in diversi talk, e cioè che, indipendentemente dalla presenza o dalla assenza di tutela da parte delle istituzioni, il cittadino comunque possa godere di uno sregolato diritto di difesa personale, alla quale sregolatezza consegue, a sua volta, il diritto di potersi armare secondo le esigenze. Forse che sia così stupido pensare che per contrastare l'aumento della criminalità serva togliere le armi dal mercato, piuttosto che introdurvene in massa.

In relazione alle vicende del Comune di Sanremo, invece, molte sono state le opinioni manifestate a sostegno di una gestione dell'amministrazione pubblica che prenda esempio da quella vigente nelle imprese di privati. Le istituzioni, lo Stato, devono "farsi azienda", e come tale essere gestite. Su questa scia, certamente tra qualche tempo sentiremo uscite simili a quella famosa dichiarazione che Mitch Daniels, ex direttore del budget di Bush, fece in relazione ai servizi erogati per conto dello Stato dalla Lockheed Martin: "L'idea di fondo mi sembra evidente: il governo non ha il compito di fornire servizi, ma di accertarsi che siano forniti". Magari arriveremo a subappaltare funzioni essenziali dello Stato ad aziende private, come la Lockheed.

Zygmunt Bauman e Carlo Bordoni, nel loro libro-dialogo "Stato di crisi", sostengono che lo Stato non debba essere, come sempre più spesso accade, come una società per azioni, nella quale l'unico criterio dominante è il guadagno, oppure chiudere un semestre senza buchi di bilancio. Lo Stato deve erogare determinati servizi ed è nostro dovere (prima ancora che diritto) pretendere che questi, quando mal gestiti dai funzionari incaricati, non siano impacchettati ed affidati a terzi nella gestione, terzi i cui fini lucrativi non possiamo conoscere (ma ben supporre). Il nostro dovere consiste nel rimarcare le deficienze nell'azione dello Stato e da esso pretendere un'azione correttiva, che ci tuteli sia dal vuoto da quelle carenze provocato, sia dall'azione di chi a certe funzioni dello Stato potrebbe sostituirsi.

Non sono vaneggiamenti inneggianti a uno Stato detentore di uno strapotere, come, ad esempio, accaduto nella Cina di Mao. Sono, invece, pretese di conservare l'equilibrio bellissimo che riesce ad accostare alla parola "Stato" le parole "di diritto" o "sociale".

Simone Bigi
GDTO

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