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Ecco perché voto Fassino




Molte sono state le occasioni per formarmi un giudizio strutturato sui due concorrenti alla carica di Sindaco. Ieri, a coronamento di una campagna elettorale molto intensa, è stata la volta del loro confronto al Teatro Carignano, autentica perla di questa meravigliosa città. Ieri, a mio avviso, Fassino ha surclassato la sua avversaria sotto ogni punto di vista, ma procediamo con ordine.

Fassino inizia, parlando dell’impatto che ha avuto la crisi sull’economia nazionale e, in modo specifico, su Torino in quanto città industriale (essendo l’industria uno dei settori più colpiti). Afferma che la crisi non ha riguardato tutti allo stesso modo e che la città ha dato delle risposte alle persone che hanno patito la crisi più di altri. La parola quindi passa all’Appendino che va all'attacco, ripetendo che il problema della povertà esiste e non si può far finta di niente come Fassino (che però aveva appena finito di parlare dell’impatto della crisi e delle politiche attuate in risposta ad essa, a sostegno delle fasce più deboli). Così, inizia un circolo che vede l’Appendino battere sul fatto che Fassino non riconosca il problema della povertà e del disagio sociale con Fassino che ripete che invece il problema c’è, lo riconosce, e per questo ha attuato delle politiche sociali robuste. Queste politiche si concretizzano in misure specifiche: reddito di inserimento (che è indirizzato ad aiutare le fasce di reddito basso a reperire un lavoro, supportandole  fino a tale momento), reddito di mantenimento (per coloro che non sono in condizione di lavorare: nuclei famigliari con anziani over 65 e/o con persone disabili), borse cantieri, fondo anti-sfratti. Si parla di una cifra che nel 2015 si attesta a quota 6,3 milioni di euro, un aiuto che ha dato sostegno a 5.000 persone. Per fare un confronto con una città amministrata dal Movimento 5 Stelle, a Livorno nel 2015 è stato erogato il famoso reddito di cittadinanza a cui ha avuto accesso solo il 10% dei richiedenti, ossia, 100 persone. 100 persone a fronte di una popolazione totale di circa 160.000 abitanti non sembra un risultato incoraggiante tantomeno se si considera il taglio alle social card che davano sostegno a 480 cittadini delle fasce meno abbienti. Parlando del bilancio a supporto del welfare emerge che a fronte di un contributo di 300.000 euro per erogare il reddito di cittadinzanza ne sono stati tagliati 326.000 (relativi alle social card).
Incalzata sul modo in cui reperire i fondi per sostenere il reddito di cittadinanza l’Appendino afferma che è necessario spostare i soldi da grandi eventi e investimenti infrastrutturali al welfare. Se è evidente che gli eventi hanno portato a Torino un turismo prima sconosciuto (in pochi anni i turisti sono sestuplicati) è altrettanto palese come un taglio sugli eventi possa determinare un ridimensionamento del settore turistico e dell’economia che ruota intorno ad esso. Per quanto riguarda gli investimenti, è vero che questi hanno un costo, ma è anche vero che costituiscono uno dei principali motori di sviluppo e contrasto alla disoccupazione in momenti di crisi. Perché gli investimenti vogliono dire riqualificazione, benefici per la collettività, progettualità economica, sviluppo, ma anche posti di lavoro. Si dà lavoro agli operai, alle piccole e medie imprese (tanto care all’Appendino) che si occupano della componentistica, a persone che altrimenti, avrebbero chiesto il reddito di cittadinanza a cui magari non avrebbero avuto accesso. Invece, li si paga per costruire sviluppo, crescita, benessere. I loro stipendi a loro volta vengono spesi nell’economia cittadina, innescando un circolo virtuoso. Non ci si limita ad assistere la cittadinanza, ma la si aiuta a camminare con le proprie gambe e nei casi più difficili si provvede con le misure di sostegno prima elencate.
Questi investimenti coinvolgono prevalentemente le periferie: si va  dalla cittadella sportiva della Continassa ai confini con Venaria alla riqualificazione del Palazzo del Lavoro ai confini con Moncalieri, dalla metro in piazza Bengasi alla riqualificazione della Manifattura Tabacchi alle porte di San Mauro che diventerà un campus universitario, senza dimenticare la conversione di Torino Esposizioni in biblioteca civica. Un ruolo centrale assume la “Città della salute”: non si tratta di ristrutturare le Molinette come vorrebbe l’Appendino, ma di creare un centro estremamente innovativo in grado di aggiungere 1.040 posti letto, di diventare un polo per la formazione di circa 5.000 studenti e un polo per la ricerca con 1.000 professionisti, inoltre, l’area Lingotto verrebbe significativamenta trasformata. 
Torino in questi anni è cresciuta sotto tutti i punti di vista: quello dell’innovazione (Torino è posizionata, nella classifica stilata dalla Commissione europea, come seconda città d’Europa e prima in Italia), delle politiche d'integrazione (quinta d’Europa e prima in Italia), dei trasporti (car sharing, bike sharing, night busters…), della vivibilità e della “vita” cittadina (pedonalizzazione di via Roma, eventi culturali e mondani…), del turismo (con il New York Times che inserisce Torino tra le 52 città da non perdere nel 2016), il tutto riducendo il debito.
Nel 2015 i consumi sono aumentati, i mutui pure, più imprese sono riuscite ad avere accesso ai prestiti, l'occupazione è salita del 2%. Ci sarebbe ancora molto da dire, ma preferisco non dilungarmi: troppe sono le idee attuate e i progetti per il futuro per enunciarli tutti, se volete approfondire però vi consiglio di guardare il programma (http://www.pierofassino2016.it/#il-programma).
Fassino, dunque, offre una politica competente che vuole cambiare le cose con realismo e progettualità. Per tutte queste ragioni il 19 giugno voterò Fassino.

Simone Santoro
GDTO

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