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COS'E' SUCCESSO ALLA CASA BIANCA?

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Non ha vinto l'odio, nè la paura. Sono relativamente pochi gli elettori che hanno votato Trump per cacciare i musulmani dagli Stati Uniti e per mandare gli immigrati "a casa loro": il cuore dell'America non è razzista. Tanti lo hanno scelto principalmente per non dare il proprio voto a Hillary. Infatti, è evidente, ascoltando le interviste dei cittadini americani e guardando i sondaggi, che questa campagna presidenziale è stata segnata da un altissimo tasso di insoddisfazione da parte dell'elettorato nei confronti di entrambi i candidati. Quindi, come solitamente avviene in questi casi, la scelta per molti è ricaduta sul "meno peggio". Se sono evidenti i motivi per cui la maggior parte degli americani ha considerato Hillary  come il male minore, per quanto riguarda le motivazioni di chi ha ritenuto esserlo Trump è necessaria almeno una breve analisi.

I due contendenti si sono sfidati in un confronto personale più che politico; confronto che è stato infiammato da ripetute accuse reciproche. Uno dei pricipali motivi per cui tanti cittadini hanno preferito il repubblicano, infatti, è legato alla considerazione dei candidati come individui prima che come politici: se Trump è apparso spesso controverso e, talvolta, volgare, gli elettori che hanno votato per lui hanno apprezzato quantomeno la sua spontaneità e la sua determinazione che, ai loro occhi, lo hanno reso paradossalmente più trasparente e credibile della sua rivale. Lo stile "politically correct" della Clinton, invece, è sembrato a una parte consistente degli statunitensi come una maschera della sua vera identità. Per molti Hillary è la personificazione di una politica ipocrita, "plastica", costruita, così come spesso sono i suoi atteggiamenti e discorsi pubblici. Gli scandali che hanno coinvolto la democratica l'hanno ulteriormente affossata in tal senso: le insinuazioni di molteplici abusi rivolte al marito, il caso Whitewater, le critiche per aver difeso un pedofilo (di cui, secondo registrazioni audio della stessa Clinton, conosceva la colpevolezza) quando era avvocato, l' Emailgate, le accuse di aver sabotato la campagna di Sanders. Inoltre, anche la carriera dei candidati ha avuto un ruolo cruciale: da una parte il self-made man, imprenditore sicuro di sè che, nell'immaginario dei suoi elettori, non deve ringraziare nessuno per il suo successo e che ha subìto la "malapolitica", dall'altra una donna che rappresenta la classe dirigente "dinastica" ed è stata complice, in qualche misura, della stessa "malapolitica" denunciata da Trump. Quest'ultimo, inoltre, può fare grandi promesse e suscitare enormi aspettative in quanto gode della credibilità di chi è stato personalmente protagonista di una scalata sociale trionfale ed è immacolato dal mondo della politica che non lo ha ancora smentito alla prova dei fatti. Proprio il carisma di Trump e le sue promesse di rendere di nuovo grande l'America hanno risvegliato in molti un orgoglio e uno slancio emotivo che Hillary non è riuscita a ricreare se non in minima parte. Gli elettori hanno votato una suggestione più che un programma; una persona, più che un politico.                                                                                                                                              
Un altro aspetto cruciale che ha giocato a favore del tycoon riguarda la  stretta relazione tra la sua rivale e le imprese militari: Hillary è infatti la candidata che ha ricevuto più donazioni da parte dell'industria bellica; che ha sostenuto le guerre in Afghanistan, Iraq e Libia; che aveva previsto, in caso di vittoria, un ulteriore e imponente sforzo militare. Trump non ha perso l'occasione e l'ha tacciata di essere una guerrafondaia nonchè co-fondatrice dello Stato islamico e ha chiarito che lui invece prevede interventi "solo in casi di estrema necessità" e punta sulla collaborazione con Putin e Assad piuttosto che sul supporto a ribelli che, come nel caso dell'ISIS,  possono diventare incontrollabili.

Clinton ha sbagliato a concentrare i suoi sforzi nell'attacco personale del proprio avversario (molto più efficace sul piano comunicativo) anzichè cercare di raggiungere le menti e i cuori delle persone con discorsi intensi e vicini ai loro bisogni. Avrebbe dovuto innalzare il livello del discorso, come suggerito da Michelle Obama, e spostare l'attenzione sui contenuti politici. Invece ha puntato principalmente a screditare il suo avversario per vincere le elezioni "a esclusione", ma l'esclusa è stata lei.

Simone Santoro
GDTO

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