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INTERVISTA AL NUOVO SEGRETARIO PROVINCIALE, FRANCESCO BOUVET





Con le dimissioni di Marta Palmieri la sfida della gestione provinciale della giovanile giace immobile, in attesa di nuovi impulsi. Sono andato a parlare con la persona che ha deciso di raccogliere la forte eredità di Marta, per potervi ora presentare Francesco Bouvet.
Iniziamo, allora, con le presentazioni formali: studente di Scienze Sociali immatricolato nell’anno accademico 2009-2010, Francesco si laurea nel 2013 con una tesi sul rapporto tra politica e mafia, con un occhio di riguardo per l’operazione Minotauro.
La scelta per il percorso specialistico cade sul corso di Cooperazione, Sviluppo ed Innovazione, afferente al Dipartimento di Economia e Statistica; pochi esami ancora davanti, una tesi in preparazione sulla politica monetaria della Banca Centrale Europea che copre un periodo di dodici anni.
Da cinque anni nel mercato del lavoro, Francesco è stato da poco assunto con un contratto a tempo indeterminato da Ups. “E’ dura far coincidere lavoro e studio universitario”, dice, “ma ti costringe anche ad organizzarti la vita e a non perdere tempo”.

Arriviamo ora alla politica: militante tra le fila dei Giovani Democratici dal “lontano” 2012, introdotto dal sempre presente Marco Sciretti.

Quale è stato il momento nel quale sei passato alla militanza attiva, Francesco?
“Ho iniziato a militare per gradi. Ero già iscritto al Circolo Pd Volpiano-Leinì e intendevo portare avanti un profilo amministrativo nel Partito, al punto da concorrere alle elezioni amministrative a Leinì nella lista Pd”.
Purtroppo seguirà una delusione alle elezioni, ed ecco che arriva il periodo di maggiore inclusione nella giovanile: “Quando ho intensificato la mia partecipazione non cercavo incarichi o particolari responsabilità. Ho iniziato dapprima a servire allo stand Gd alla Festa dell’Unità, cercavo di recuperare quello stimolo politico che era venuto a mancare dopo le elezioni. Infatti ho abbandonato l’attività in parrocchia, tanto per fare spazio a ragazzi più giovani, quanto per ricavare altro tempo da spendere nei Giovani Democratici”.

Sbaglio o separavi molto nitidamente la rappresentanza politica interna al partito da quella “esterna”, finalizzata all’amministrazione?
“La mia era una concezione di politica strumentale a poter fare amministrazione. Avere al contempo una carica interna al partito era una cosa che trovavo (e trovo) molto difficile ed impegnativa, perché da un lato rispondi ai tuoi [militanti], dall’altro ai cittadini. Se non si sa scindere bene le due cose si rischia di andare, come dire, in cortocircuito e non riuscire a compiere al meglio il proprio compito ”

Cosa ti ha spinto, viste le premesse, a proporti per il ruolo di Segretario?
“Ho capito che era il momento giusto per compiere questo passo ulteriore. Credo sia stata una conseguenza di alcuni pensieri che mi giravano per la testa da quando, qualche tempo fa, ho preso la difficile decisione di rimettere a posto sette anni della mia vita (in forma di documentazione), creando un archivio a casa. E difficile lo è stata davvero, ricordo di aver iniziato alle dieci di sera e aver finito alle tre di notte. Mi sono accorto di quante esperienze avessi già vissuto, avevo davanti agli occhi il processo di maturazione compiuto attraverso gli anni.”

Nei Giovani Democratici la gerarchia è presente ma “gentile”, il più delle volte. E’ una piramide che dalla punta fa discendere non già ordini e vincoli, ma suggerimenti e linee d’azione in cui inserirsi con grande libertà. Tu che tipo di Segretario sarai e che concezione del lavoro porti con te?
“E’ bene ricordare che non siamo pagati, dunque non lo si fa come lavoro, ma per pura passione. Però, e c’è un però, il Segretario è colui che tira le fila, ha oneri e doveri particolari e io sono ben disposto a sobbarcarmeli e a riversare in questo ruolo molto del mio tempo ed impegno. Questo a condizione di trovare disponibilità in chi mi circonda e che ci siano dei ritorni positivi, tastabili, che gratifichino dell’operato. Se io do una delega a qualcuno, mi aspetto che quella persona collabori attivamente e con serietà.
Sono poi conscio di come ognuno possa avere problemi propri, ci si può ritrovare, in un dato momento, ad avere la testa da un’altra parte. Ed è normale e comprensibile, purché si tenga presente, comunque, di fare parte di una squadra, che di te ha bisogno”.

Ho letto attentamente il tuo documento programmatico e mi chiedevo se ci fosse un punto da te ritenuto centrale, precipuo rispetto agli altri, attorno al quale strutturare il mandato.
“Un punto principale non c’è, devo dire. Ho individuato sette punti nel documento, altri se ne potranno aggiungere in futuro. Certo ce ne sono alcuni che mi stanno più a cuore”

Ad esempio?

“Penso alla Rete dei Giovani Amministratori. Sì, già c’è l’Anci, lo so, ma esso non può ovviamente dirsi una emanazione del centro-sinistra.
Vorrei che la Segreteria provinciale fosse al centro del rilancio di questa rete, è un punto da cui partire per primo perché richiederà tempo mettere in piedi un sistema di connessioni tra gli amministratori e tra di essi e i cittadini ottimamente strutturato.
Il confronto tra i nostri amministratori è fondamentale, soprattutto alla luce di un contesto fortemente mutato rispetto agli scorsi anni: dalle amministrative globalmente ne siamo usciti sconfitti, ma i Giovani Democratici hanno visto un boom degli eletti tra le proprie fila e ora disponiamo di un importante capitale politico e amministrativo da spendere.”

Di questi tempi sarebbe quasi eresia non affrontare il tema del referendum del 4 dicembre, ma ci salviamo dedicandogli uno spazio ridotto. Come ti poni in rapporto ad esso?
“Come Segretario ovviamente non do alcuna indicazione in merito. Posso dire, però, di trovare esagerati i toni e le dimensioni che il ‘conflitto’ referendario ha assunto. La contrapposizione sta lacerando dall’interno il partito, al punto che non si può mediare tra le due posizioni e a chi lo fa viene riservato un trattamento poco invidiabile. Ad esempio, Cuperlo ha preso una posizione personalissima, ma per certi versi apprezzabile, guardando al bene del partito e al futuro di esso, ma non credo sia stato compreso. C’è chi voterà No, chi sceglierà il Sì, e io non mi sento di demonizzare nessuna posizione o insultare o scendere in toni e confronti da stadio, inutili”.

In chiusura, quale pensi sarà la parte più difficile durante gli anni a venire, per conseguire gli obiettivi che ti sei posto?
“Mantenere alta la concentrazione, mia e degli iscritti. La partecipazione politica vive di momenti topici, ma bisogna creare spazi di partecipazione anche fuori da essi. Il 2016 è stato un anno straordinario per gli impegni affrontati (Congresso Nazionale Gd, referendum sulle trivellazioni, elezioni amministrative) e ancora da affrontare (il referendum e la situazione che si creerà il giorno immediatamente successivo). Al contrario, il 2015 è trascorso senza appuntamenti politici tanto significativi e, dunque, ha visto calare la partecipazione attiva. Questo è quello che si deve evitare e su cui si deve costantemente lavorare, saper creare momenti di confronto e approfondimento politico, anche in assenza di scadenze pressanti.
Aggiungo ancora un tema che mi sta a cuore: guardando alla composizione della giovanile, credo che essa sconti un ‘difetto di rappresentanza’. Manca un elemento, ed è la partecipazione di iscritti che non siano studenti universitari, ma lavoratori. E’ una parte di vita e di Paese reale poco presente, con riferimento alla base degli iscritti, che eppure è la realtà predominante al nostro esterno e alla cui inclusione dovremo prestare maggiore attenzione”.

Momento di silenzio. Stoppo il registratore, riorganizzo quei pochi fogli che ho dietro. Prima di alzarci il pensiero cade nuovamente sul precedente Segretario; faccio ripartire la registrazione.

“Non mi è mai capitato di vivere un lutto tanto vicino, fortunatamente non posso nemmeno lontanamente immaginare cosa si provi. Ci sono momenti in cui la vita ti costringe a rivedere le priorità e Marta ha dovuto farlo prematuramente e ha giustamente preso del tempo per stare con e vicino alla propria famiglia.
Se penso alle persone che ho perso, il pensiero corre ad un mio amico, morto in un incidente motociclistico a venticinque anni. E penso anche al “nostro” (uso il plurale apposta) Mattia, che non abbiamo apprezzato solo per le sue capacità amministrative ma soprattutto perché è un amico che ci manca ogni giorno.


Simone Bigi
GDTO


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